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LA NOSTRA STORIA
manuela di santo
di santo manuela

Era il 22 febbraio del 2024 e alle 20.30 Manuela Di Santo si trovava in Via del Forte Trionfale, sotto casa di sua sorella. Dopo aver parcheggiato, scese dall’auto e raggiunse le strisce pedonali per attraversare. 


Non le piaceva quella strada, la riteneva pericolosa per la poca visibilità e non perdeva occasione per raccomandarci di attraversare in sicurezza. Fa sorridere che a volte abbia avuto addirittura l’istinto di prendere per mano le persone in procinto di oltrepassare. Quando poteva, sceglieva percorsi alternativi, pur di evitare possibili pericoli.


Ironia della sorte quella sera del 22 febbraio, nonostante le sue premure e il rispetto delle regole, è stata investita da un’auto. Il tremendo impatto le ha provocato delle fratture e un’emorragia cerebrale che le ha fatto perdere conoscenza, condizione dalla quale Manuela non uscirà più. Nonostante il primo soccorso tempestivo che l’ha rianimata e stabilizzata in loco, nonostante l’operazione, nonostante Manuela sia sopravvissuta, i danni cerebrali riportati durante l’incidente erano troppo gravi e non si poteva più sperare nel suo risveglio.


Dopo essere stata quindici giorni in terapia intensiva è stata trasferita nel reparto di Neurochirurgia. Le sue condizioni cliniche purtroppo erano peggiorate e il parere dei Medici non lasciava spazio alla speranza del suo risveglio. Per le politiche dell’ospedale, dunque, non le spettava più il posto letto e ci è stato comunicato di trasferirla in una RSA.


Queste strutture però non sono equipaggiate per intervenire in caso di emergenza, per cui se le fosse capitata una situazione del genere saremmo stati costretti a riportarla d’urgenza in ospedale, mettendo a repentaglio la sua incolumità. La nostra volontà era assicurarle le cure mediche necessarie a far fronte alle crisi, dovute alle sue condizioni fisiche precarie.

Eravamo consapevoli che il suo stato non ci consentiva di sperare nel miglioramento e che non era più necessario alcun intervento chirurgico. Sapevamo che non aveva più speranze, ma eravamo convinti che meritasse, come tutti, la migliore assistenza possibile nel rispetto della sua condizione di grave fragilità.


In quel letto, in quell’ospedale per noi non era un corpo incosciente, era una moglie, una mamma, una nonna, una sorella, una zia, una figlia. Accanto a Lei, ogni giorno, c’era la sua famiglia, c’eravamo noi che, impotenti di fronte all’evento drammatico, desideravamo almeno garantirle il rispetto che merita ogni essere umano, in qualunque condizione fisica si trovi. 
Il suo cuore continuava a battere e i suoi polmoni a respirare autonomamente. Lei era viva e aveva bisogno di essere assistita e accompagnata, in questa fase delicata, nel miglior modo possibile.


Manuela è rimasta quarantasette giorni in coma. Questo periodo è stato il più duro per noi che, nonostante il dolore, abbiamo dovuto lottare per trovare un posto che la accogliesse e curasse nell’ultimo passaggio della sua vita terrena. 
Il 9 aprile 2024 alle 19.17 il suo cuore ha smesso di battere.

Se Manuela potesse raccontarsi, forse sceglierebbe queste parole: 
«La mia vita è una finestra sul mare, lo sguardo combacia con la linea dell’orizzonte e il respiro ampio solleva la mia anima verso l’Eterno. Ho catturato questa luce speciale sulle mie tele. Il suo fuggire e giocare con gli oggetti che incontra, mi incuriosisce, mi rallegra. 
Sono una donna fortunata. 
La mia vita è stata ricca, non mi è mancato nulla di ciò che conta davvero. I sorrisi dei miei figli, i viaggi con mio marito, le cene ad Anzio con i miei fratelli e le mie sorelle, le risate con mia madre, le confidenze dei miei nipoti, i giochi con i miei nipotini e poi i dolori, le solitudini, le cadute. Benedico le luci e le ombre del tempo che mi è stato dato, perché mi hanno fatto desiderare di diventare una persona migliore.
Ho avuto una famiglia straordinaria, che ha trovato la forza di sorridere attraversando il dolore. Tutto ciò che sono stata, ora vive in loro».​

 

MESSAGGIO DEL FONDATORE

MARCO NICOLINI

Manuela di Santo era mia moglie. Ho scelto di dedicare parte della mia vita e del mio tempo alla Fondazione Gli Artisti del Sorriso, in nome e in memoria della Donna che ha reso la mia vita un'opera d'arte.

 

Perché il suo sorriso inondi le vite delle persone che attraversano lo stesso dolore che abbiamo patito noi, perché nessuna donna, nessun uomo in condizioni neurologiche gravi sia lasciato solo al suo destino e perché l’amore che Manuela aveva per l’arte e la bellezza non finisca con Lei.

Siamo una goccia nel mare delle necessità in campo sanitario, ma insieme possiamo raggiungere obiettivi importanti.

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